Ordinanza n. 58 del 1991

 

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ORDINANZA N. 58

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Giovanni CONSO                                              Presidente

Prof. Ettore GALLO                                                   Giudice

Dott. Aldo CORASANITI                                              “

Dott. Francesco GRECO                                                 “

Prof. Gabriele PESCATORE                                           “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                    “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA                               “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                     “

Prof. Luigi MENGONI                                                    “

Prof. Enzo CHELI                                                           “

Dott. Renato GRANATA                                                “

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 19 del regio decreto-legge 2 novembre 1933, n. 2418 (Estensione ai salariati degli Enti locali dell'obbligo della iscrizione all'I.N.I.E.L. e modifiche all'ordinamento dell'istituto stesso), convertito in legge 7 giugno 1934, n. 1088, in relazione all'art. 2, terzo comma, del regio decreto-legge 19 gennaio 1939, n. 295 (Ricupero dei crediti verso impiegati e pensionati, e presentazione biennale di stipendi, pensioni ed altri emolumenti), ed all'art. 3 della legge 20 marzo 1980, n. 75 (Proroga del termine previsto dall'art. 1 della legge 6 dicembre 1979, n. 610, in materia di trattamento economico del personale civile e militare dello Stato in servizio ed in quiescenza; norme in materia di computo della tredicesima mensilità e di riliquidazione della indennità di buonuscita e norme di interpretazione e di attuazione dell'art. 6 della legge 29 aprile 1976, n. 177, sul trasferimento degli assegni vitalizi al Fondo sociale e riapertura dei termini per la opzione), promosso con ordinanza emessa il 1° giugno 1990 dal Pretore di Venezia nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Casarin Margherita ed altri e l'I.N.A.D.E.L., iscritta al n. 545 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 1990;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella camera di consiglio del 12 dicembre 1990 il Giudice relatore Francesco Greco;

Ritenuto che il Pretore di Venezia, nei procedimenti civili riuniti promossi contro l'I.N.A.D.E.L. da Casarin Margherita, Gallo Ornella e Bonaldo Severino, tutti dipendenti di Ente ospedaliero e, successivamente, U.L.S.S., rispettivamente dal 1965 al 12 maggio 1980, dal 1974 al 18 dicembre 1981, dal 1968 al 30 aprile 1981, e tutti con rapporto di lavoro cessato per dimissioni volontarie senza avere diritto a pensione, con ordinanza del 1° giugno 1990 (R.O. n. 545 del 1990), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 19 del regio decreto-legge 2 novembre 1933, n. 2418, convertito in legge 7 giugno 1934, n. 1088, in relazione all'art. 2, terzo comma, del regio decreto-legge 19 gennaio 1939, n. 295, ed all'art. 3 della legge 20 marzo 1980, n. 75;

che, secondo il giudice remittente, risulterebbe violato l'art. 3 della Costituzione, perché, mentre per i ricorrenti la indennità premio di servizio da corrispondersi dall'I.N.A.D.E.L. (v. sentenza Corte costituzionale n. 763 del 1988) si prescrive in cinque anni, la indennità di buonuscita da erogarsi ai dipendenti statali, analoga per natura e funzione all'altra, si prescrive in dieci anni;

che lo stesso giudice remittente ha ritenuto la questione sollevata rilevante, in quanto altrimenti i ricorrenti non percepirebbero la detta indennità essendo trascorsi cinque anni dalla cessazione dal servizio, nonché non manifestamente infondata;

che l'ordinanza è stata regolarmente notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale;

che l'Avvocatura Generale dello Stato, intervenuta nel giudizio in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, ha concluso per la infondatezza della questione;

Considerato che ai dipendenti degli enti locali cessati dal servizio senza avere maturato il diritto alla pensione viene erogato dall'I.N.A.D.E.L. un assegno vitalizio (art. 7 del regio decreto-legge 2 novembre 1933, n. 2418, convertito nella legge n. 1088 del 1934; art. 11 della legge 13 marzo 1950, n. 120; artt. 5 e 8 della legge 8 marzo 1968, n. 152), e in aggiunta la indennità premio di servizio (sentenza Corte costituzionale n. 763 del 1988; art. 22, decimo comma, del decreto-legge 31 agosto 1987, n. 359, convertito nella legge 29 ottobre 1987, n. 440; e art. 6 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito in legge 13 maggio 1988, n. 153, che ha previsto l'applicabilità delle disposizioni di cui alla norma da ultima citata alle cessazioni dal servizio aventi decorrenza dal 3 maggio 1982);

che la indennità premio di servizio si prescrive in cinque anni ed invece le indennità una tantum che tengono il luogo della pensione si prescrivono in dieci anni (art. 2 regio decreto-legge 19 gennaio 1939, n. 295);

che la indennità di buonuscita erogata ai dipendenti statali si prescrive anche essa nel termine di cinque anni dalla data in cui è sorto il diritto (art. 20 del testo unico sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032);

che l'art. 3 della legge 20 marzo 1980, n. 75, prevede solo la fattispecie particolare della riliquidazione della indennità di buonuscita per effetto dell'inserimento in essa della tredicesima mensilità;

che in tale situazione non sussiste la disparità di trattamento nei termini rilevati dal giudice remittente e quindi la questione sollevata è manifestamente infondata;

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi dinanzi alla Corte costituzionale;

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 19 del regio decreto-legge 2 novembre 1933, n. 2418 (Estensione ai salariati degli Enti locali dell'obbligo della iscrizione all'I.N.I.E.L. e modifiche all'ordinamento dell'istituto stesso), convertito in legge 7 giugno 1934, n. 1088, in relazione all'art. 2, terzo comma, del regio decreto-legge 19 gennaio 1939, n. 295 (Ricupero dei crediti verso impiegati e pensionati, e presentazione biennale di stipendi, pensioni ed altri emolumenti) ed all'art. 3 della legge 20 marzo 1980, n. 75 (Proroga del termine previsto dall'art. 1 della legge 6 dicembre 1979, n. 610, in materia di trattamento economico del personale civile e militare dello Stato in servizio ed in quiescenza; norme in materia di computo della tredicesima mensilità e di riliquidazione della indennità di buonuscita e norme di interpretazione e di attuazione dell'art. 6 della legge 29 aprile 1976, n. 177, sul trasferimento degli assegni vitalizi al Fondo sociale e riapertura dei termini per la opzione), in riferimento all'art. 3 della Costituzione, sollevata dal Pretore di Venezia con la ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 gennaio 1991.

 

Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA.

 

Depositata in cancelleria il 6 febbraio 1991.